Ricordo bene quell’anno, quel giorno, e tutti i giorni seguenti al disastro del #Vajont. Avevo sette anni, abbastanza per capire e vedere cos’era successo, non abbastanza per comprendere che l’immane tragedia che si era compiuta a pochi chilometri da casa mia, non solo poteva essere evitata, ma faceva parte di un bieco tentativo di monetizzare su un’opera pubblica a sprezzo del rischio che correvano quelle genti di venire travolti dalla furia delle acque. Inutile e ripetitivo il percorrere tutte le tappe di una tragedia annunciata; lo ha fatto molto bene Paolini con il suo indimenticabile monologo. Lo ha fatto il regista con un film.
In Queste immagini prima e dopo la tragedia la devastazione.
Quello che rimane a cinquantaquattro anni da quel 9 ottobre 1963 è il senso d’impotenza e di vuoto che rileggendo questa storia si prova. Se lo Stato, allora complice di un raggiro silenzioso, coperto da poteri molto forti, si è comportato in modo sbagliato, non dovrebbe almeno cercare di fare ammenda, per quanto possibile, istituendo una “Giornata della Memoria delle vittime del Vajont”?
Un post nel mio blog in occasione del 50 simo anniversario
Forse il sentimento è quello di non dover evocare fantasmi dal passato che rispolverino antiche colpe e sentenze fin troppo leggere nei confronti di coloro che causarono la morte di duemila persone. Un silenzio istituzionale che dopo tanti anni è più assordante di quella valanga d’acqua che non avrebbe mai dovuto cadere, distruggendo in due minuti la storia e le vite di un’intera comunità