Orologio del Duomo di Conegliano “Tutte feriscono, l’ultima Uccide”
Sorella morte
beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati,
DUE VITE E DUE MORTI MOLTO “DIVERSE”
Ieri, uscendo dal cimitero dopo il funerale di Mauro Soler, 55 anni
Leggi qui il post a riguardo ho visto l’epigrafe di un vecchio amico di famiglia, Antonio Tommasella Leggi qui il post a riguardo, 93 anni, due persone che conoscevo e che sembrano essere l’una il polo nord ed il polo sud dell’altra.
Impossibile paragonare le due vite, tanto erano diverse. Mauro aveva scelto un percorso non facile, doloroso per certi versi e ha lasciato la vita in un momento in cui normalmente si tirano un po’ i remi in barca e comincia (o dovrebbe perlomeno) in qualche senso la tranquillità in vista della vecchiaia.
Antonio, persona integra, di fede granitica,uomo buono e giusto che io amo paragonare ad un “Vecchio Patriarca Biblico” è arrivato alla soglia dei 93 anni e si è spento in silenzio,in punta dei piedi, dopo aver dedicato la sua intera vita all’amore per la moglie Anna Maria, ai figli e ai numerosi nipoti.
Antonio, una quercia che molte volte si è piegata alle tempeste della vita ma non si è mai spezzata, Antonio che ha trasmesso i valori di una vita Cristiana coniugata con il lavoro dei campi, com’era in uso agli inizi del ‘900, dove la fede ed il lavoro di contadino erano all’unisono e scandivano i giorni, i mesi, le stagioni, gli anni. Antonio, uomo semplice, buono, esempio per molti che ho sempre apprezzato e stimato dal profondo del mio cuore.
Mio padre lo aveva voluto come suo testimone di nozze, e quando andavamo a trovarlo nella sua fattoria di campagna ero poco più di un bambino (anni Sessanta). Mi divertiva andare da “Tony”, lì c’erano le mucche, i vitellini, le galline,i conigli, i maiali. Oggi le chiamano “fattorie didattiche”, allora erano semplicemente le aie delle fattorie permeate dal buon profumo della stalla e dal fieno appena tagliato, ancora oggi due tra i miei profumi preferiti (il terzo è quello della pioggia che bagna l’asfalto caldo d’estate).
SIAMO NOI A SCEGLIERE COME VIVERE
Mauro ha vissuto una vita “spericolata, di quelle fatte così”. Inutile andare a cercare le ragioni, inutile puntare il dito sperando di sdoganare i propri difetti e i propri peccati trovando in quelli degli altri peccati e difetti più grandi, sentendoci più bravi, più uomini perché abbiamo fatto un percorso migliore del suo. Ergersi a giudici delle altrui vite è uno “sport” molto diffuso in questa società diventata egoista e a volte troppo crudele. Mauro era buono, rispettoso, gentile. Era l’amico di tutti.
Quando sono uscito dal cimitero e ho visto l’epigrafe di Antonio ho riflettuto su questa “coincidenza”. Quello che ci accomuna come esseri umani, a prescindere da come decidiamo di vivere il nostro cammino terreno è la certezza della morte.
UN ARGOMENTO DI CUI SI PARLA POCO VOLENTIERI
Si parla poco volentieri di questo che è l’unico fatto certo della nostra vita. Prima o dopo toccherà a me, a te, a lui, a lei a tutti. Moriranno i Santi, i Papi, le brave persone, i politici (grazie a Dio moriranno anche loro), i ladri, gli assassini, le persone malvagie. Chi ha speso la sua vita per gli altri, i poveri, i ricchi (che lasceranno tutto agli altri) i lavoratori indefessi e i fannulloni, gli artisti e i pragmatici.le persone che non ridono mai ed i clowns. Due sono i giorni di cui non possiamo controllare la data: Il giorno della nostra nascita e quello della nostra morte. Non c’è tesoro al mondo che possa prolungare di un solo giorno la data in cui faremo il “check out”, il giorno in cui ci verrà chiesto di scendere dal treno della vita,quello stesso treno in cui siamo saliti senza saperlo e senza memoria il giorno in cui siamo venuti al mondo.
VIVERE MEGLIO RIFLETTENDO SULLAMORTE
Se riflettessimo di più sulla morte per assurdo vivremmo meglio. Invece no, quando si parla della morte siamo più propensi a cambiare discorso, per esorcizzarla, per cercare in qualche modo di allontanare quel fatidico giorno, quasi non ci appartenesse,quasi fossimo indenni. Pensando alla morte crediamo a tante cose, ma l’unica verità è che siamo appesi ad un filo sottilissimo. Questo dovrebbe (ma non succede) farci amare ed apprezzare la vita e tutte le cose (spesso le più semplici) che abbiamo, di cui non ci rendiamo conto. I soliti stereotipi “Basta la salute” ne racchiude molte. Provate a fare un giro per gli ospedali o più semplicemente prendere un’influenza, ci accorgiamo subito che sì, tutto sommato quando siamo sani è più bello, possiamo fare tante cose. Abbiamo un lavoro? Provate a perderlo e non maledirete mai più i lunedì o i giorni festivi in cui dovete lavorare. Abbiamo degli affetti? Delle persone che amiamo e che ci amano? Questa è una delle più grandi ricchezze, eppure a volte si litiga, ci si offende, ci separiamo, creiamo delle insofferenze inutili dentro al nostro cuore perché pensiamo di essere immortali. Nessuno ovviamente lo è, ma molti giovani quando si mettono al volante non pensano che dietro la prossima curva può nascondersi la morte, specie quando guidano in preda all’alcool, alle droghe, e alla moderna maniera di fare incidenti mortali, l’uso dei cellulari alla guida. Prima di concludere questa riflessione che oggi non sono riuscito a contenere nella tastiera del mio PC, vorrei condividere la riflessione dello stesso poeta che ho citato ieri in occasione del post sull’amicizia che ho dedicato a Mauro, Kahlil Gibran, autore de Il Profeta un libro che consiglio caldamente a tutti per la sua grande saggezza. E’ sottile e si può leggere anche saltando da una parte all’altra, in quanto contiene dei piccoli capitoli che parlano delle cose della vita che ci accomunano.
Sulla morte ( di Kahlil Gibran)
E lui disse:
Voi vorreste conoscere il segreto della morte.
ma come potrete scoprirlo se non cercandolo nel cuore della vita?
Il gufo, i cui occhi notturni sono ciechi al giorno, non può svelare il mistero della luce.
Se davvero volete conoscere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita.
poiché la vita e la morte sono una cosa sola, come una sola cosa sono il fiume e il mare.
E come i semi sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera.
confidate nei sogni, poiché in essi si cela la porta dell’eternità.
La vostra paura della morte non è che il tremito del pastore davanti al re che posa la mano su di lui in segno di onore.
In questo suo fremere, il pastore non è forse pieno di gioia poiché porterà l’impronta regale?
E tuttavia non è forse maggiormente assillato dal suo tremito?
E che cos’è emettere l’estremo respiro se non liberarlo dal suo incessante fluire, così che possa risorgere e spaziare libero alla ricerca di Dio?
Solo se berrete al fiume del silenzio, potrete davvero cantare.
E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora incomincerete a salire.
E quando la terra esigerà il vostro corpo, allora danzerete realmente.