Il bar che tiene aperto dopo le 18. L’ Enoteca Vettoretti- “Vogliamo esercitare il nostro diritto a lavorare”

ARTICOLO PUBBLICATO SUL GAZZETTINO (riproduzione vietata)

SAN PIETRO DI FELETTO -E’ l’unico bar che ha deciso di rimanere aperto nonostante il decreto del Primo Ministro Conte. Fuori, con mascherine e distanziamento sociale rispettato ci sono una decina di clienti. Tutti solidali con la decisione dell’Enoteca di rimanere aperta, nonostante tutto.
Sapete a cosa andate incontro?
“Certo. Io e mio fratello ci siamo consultati con i nostri legali. Potranno dacri delle sanzioni, farci chiudere. Allora valuteremo un’azione legale contro la leggittimita’ di un decreto anticostituzionale- Dichiara con fermezza Claudio Vettoretti-
La nostra non e’ disobbedienza, stiamo solo esercitando il nostro sacrosanto diritto al lavoro. Un diritto che in questo momento viene negato a noi e a tutti i nostri dipendenti da un governo incapace di programmare- Sfoga così’ il suo risentimento al DPCM che vorrebbe i locali chiusi alle 18 .

Claudio Vettoretti, laureato in giurisprudenza e gestore assieme al fratello Sergio dell’omonima enoteca in Crevada, lungo la strada che da Pare’ porta a Pieve di Soligo, nel piccolo centro commerciale che ospita altre attivita’.Nostro padre Valerio, emigrato nel 1957 in Sudamerica ci ha sempre insegnato che per lavorare serve programmazione- Continua Claudio- Quella che e’ mancata a Conte e alla sua squadra che pur avendo mesi di tempo per organizzarsi e programmare hanno fatto tutto il contrario promulgando un decreto che penalizza tutte le categorie, alle quali sono legate migliaia di persone, di lavoratori che pagano le tasse e i loro profumati stipendi senza pensare all’enorme difficoltà’ in cui versano le famiglie e chi cerca di fare impresa, piccoli o grandi che siano. Noi tra l’enoteca, il mobilificio e l’azienda agricola abbiamo 40 dipendenti. Dietro a loro mogli e figli e così’ in tutta Italia. Devono rendersi conto che stanno tagliando il ramo dove sono seduti.Quando finiranno i soldi per noi, se non ci lasciano la possibilità’ di lavorare, finiranno anche per loro. Il nostro, ripeto, non e’ un atto di disobbedienza ribadisco, ma oltre che al dissenso per delle regole inaccettabili a chi ha un minimo di buonsenso voglia affermare con certezza il diritto a lavorare.”

La barista Magri Aksana di oriigine Bielorussa lavora qui da giugno e trattiene a stento le lacrime: “Ho trovato lavoro da pochi mesi . Mia figlia di tre anni e mezzo a casa con la baby sitter. Devo pagare affitto, asilo, baby sitter e il cibo. Ditemi voi come faro’ se non mi lasciano lavorare. Sono disperata.Spero che i nostri governanti si mettano una mano sulla coscienza e capiscano che se chiudiamo non ce la faremo ad andare avanti”. I clienti dell’Enoteca sono una decina e sorseggiano prosecco e spritz, ma non c’e’ gioia tra di loro. Sono venutii a sostenere la battaglia di questi due fratelli che coraggiosamente hanno deciso di alzare la bandiera del diritto al lavoro che le decisioni prese dal governo vogliono negare. E’ l’ultima frontiera di un grido disperato che si sta alzando ovunque in Italia e si ripete da Nord a Sud: “Lasciateci lavorare” (pio dal cin)

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