L’ultimo saluto al dottore volante con le musiche di Ennio Morricone e il sorvolo degli amici piloti di Nervesa e Salgareda

Con il rito delle esequie si e’ concluso ieri a Codogne’ il capitolo terreno del libro scritto da Csaba Akos Gombos, il dottore volante che fin da bambino amava “Fendere le nubi”. A giudicare dalla commozione che ha suscitato nei presenti alla cerimonia officiata dal parroco don Lucio Marian, quando sul sagrato della chiesa, all’ombra del monumentale platano secolare, sembra che abbia toccato i cuori di tutti i presenti. Il feretro del dottore e’ uscito dalla chiesa accompagnato dalle note dell’Inno Nazionale Ungherese, cosi’ com’e’ d’uso nella patria natia del dottor Gombos, scappato in maniera rocambolesca dalla sua amata Budapest, dopo l’invasione dei carri armati sovietici. Dopo l’Inno Nazionale e’ stata la volta della musica del Maestro Ennio Morricone con il tema di C’era Una Volta il West. ( https://www.youtube.com/watch?v=qgZl4TzPV_k) . Era la colonna sonora dei suoli innumerevoli voli sui cieli del Veneto, sua Patria Adottiva, e sui cieli delle Dolomiti o delle spiagge dell’Adriatico e in tutte le localita’ del mondo delle quali ha solcato i cieli nelle sue 2000 e passa ore di volo. Gli occhi di tutti all’insu’ quando l’omaggio reso al dottore volante si e’ concretizzato con il volo radente dei suoi amici piloti delle due superfici di volo che amava frequentare da sempre; Salgareda e Nervesa. “Non credevo che avrei pianto – Ha scritto una persona, L.M. su un suo post su Facebook – Ma vi garantisco che non ero la sola” Difficile trattenere le emozioni perche’ a tutti sembrava che su uno di quegli aerei che sorvolavano il feretro sul sagrato potesse esserci proprio il MEDICO VOLANTE, come faceva spesso nelle sagre e nelle manifestazioni.

TRE CITTADINANZE

Se l’Ungheria era la sua Madre Patria, l’Italia e’ diventata quella adottiva. Fuggito dai tank sovietici e arrivato attraverso l’Austria ai confini con l’Italia, il ventunenne Csaba Akos Gombos aveva trovato dei giovani dell’universita’ di Padova che aspettavano lui e tutti coloro che fuggivano dall’oppressione sovietica. Raccolti in un campo profughi i giovani ungheresi non sapevano quale sarebbe stato il loro destino. Nemmeno Csaba sapeva dove sarebbe andato. Pensava all’America ma non aveva idea di cosa avesse in mente per lui il destino. Salito in auto con i giovani studenti patavini Csaba arriva a Padova. L’universita’ aveva destinato venti borse di studio ad altrettanti studenti profughi. Csaba si iscrive a medicina ma non si laurea subito, prima una parentesi negli USA dove ha trascorso cinque anni facendo i lavori piu’ disparati. Un soggiorno che pero’ gli e’ valso la cittadinanza Americana, di cui era tanto orgoglioso quanto quella acquisita in Italia grazie all’ospitalita’ della famiglia Valenti che lo ha accolto in casa come un figlio. Ieri la “sorella” Delia, figlia del professor Valenti ha letto uno struggente ricordo di colui che per lei e’ sempre stato un vero e proprio fratello, un faro e un esempio da seguire per la sua curiosita’ e la sua estrema energia nel fare le cose e mettere sempre in piedi nuovi progetti.

IL RICORDO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE LUCA ZAIA

“Sembrava immortale” Lo ha ricordato cosi’ Luca Zaia il presidente della Regione Veneto – Lo ho conosciuto come paziente e negli anni la nostra amicizia si e’ consolidata. Era un vulcano di energia, sempre in movimento e sempre con nuovi progetti in cantiere. Recentemente mi aveva confidato di voler partire dal Brasile con il suo inseparabile motoaliante e da li costeggiare fino alla Terra del Fuoco. Sembrava molto piu’ giovane di quello che era- Continua Zaia- Era giovane fisicamente e anche di spirito, oltre che ad essere un vero esempio di integrazione, dopo essere scappato dall’invasione russa dell’Ungheria e’ riuscito a compiere un percorso unico e invidiabile scegliendo il Veneto come luogo dove vivere e dove ha creato il suo futuro, vivendo costantemente il suo grande sogno e la sua vera passione; il VOLO”

CHIARITI I DUBBI SUL VACCINO

La moglie Donata che ha sposato nell’aprile 1974, dopo essere diventato il medico condotto a CODOGNE’ e dove e’ rimasto per quasi 40 anni gli ha regalato due figli, Alessio e Nicola. Da sette anni il dottor Gombos era diventato orgogliosamente NONNO di GAIA, figlia di Alessio e Marina. I famigliari hanno voluto dipanare ogni dubbio sulla morte improvvisa del loro caro e hanno chiesto che fosse operata l’autopsia Il dubbio era che potesse essere stato il vaccino a cui il dottore si era sottoposto a causarne l’improvvisa morte lunedi’ a mezzogiorno nella centralissima piazza Europa. “Pur non volendo fornire i particolari per questioni di privacy vogliamo assicurare tutti che il vaccino non centra assolutamente nulla con il decesso di nostro padre- Dichiara Alessio- Il destino ha voluto cosi’. Colgo l’occasione per ringraziare a nome della mia famiglia tutti coloro che hanno cercato di aiutarlo, lunedi’ in quel tragico momento” (pio dal cin) riproduzione riservata foto e testo

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