Antennacinema- La mia intervista in una tesi di laurea del dott. Alberto Perinot

Quando il neo laureato dott. ALBERTO PERINOT mi ha chiesto se potevo rilasciargli un’intervista su ANTENNACINEMA, ho accettato volentieri di rispondere alle sue domande. Quello per me e’ stato un periodo bellissimo in cui seguivo per IL GAZZETTINO i vari avvenimenti e le serate che immancabilmente per gli attori ospiti della kermesse, si concludevano al ristorante SALIZA’ (allora gestito da GIORGIO ONGARO che oggi gestisce con il figlio MARIO il ristorante “Casa De Giorgio”) Erano altri tempi e CONEGLIANO era ogni giorno al centro della cronaca nazionale per il calibro degli ospiti che si susseguivano sul palco del TEATRO ACCADEMIA di GIorgio Fabris, al quale va un PLAUSO per aver portato nel suo teatro i migliori attori e uomini e donne dello spettacolo italiani degli ultimi quarant’anni. Domani, 15 novembre uscira’ con il GAZZETTINO il mio articolo sulla TESI del dottor ALBERTO PERINOT. che ringrazio ancora una volta per avermi inserito nella sua tesi. (e’ la prima volta che finisco in una tesi di laurea). Ripeto, per me e’ stato un piacere, ripercorrere gli anni di ANTENNACINEMA con l’auspicio che tale manifestazione si possa un giorno ripetere nelle nuove formule e formati che possano attirare l’attenzione delle migliaia di persone che tra gli anni OTTANTA e NOVANTA riempirono ogni sera il TEATRO ACCADEMIA dimostrando che anche una citta’ di PROVINCIA pu’ essere un centro culturale VIVO e SPUMEGGIANTE come le BOLLICINE che da qui a VALDOBBIADENE hanno portato benessere e miglioramento economico nel nostro territorio. A SEGUITO L”INTERVISTA INTEGRALE COME e’ stata pubblicata dal dottor PERINOT (laureatosi con 110 e lode in STORIA)

Antennacinema: una memoria individuale

Premessa

Nelle prossime pagine è riportata un’intervista a Pio Dal Cin, fotogiornalista del Gazzettino, realizzata per la presente ricerca. Il primo contatto con Dal Cin è avvenuto grazie al suo blog , già citato nell’introduzione: nelle poche righe lì riportate emerge un sentimento di nostalgia verso un’epoca che non c’è più e che lui auspica possa tornare. Prima per mail e poi per telefono, è stato concordato di svolgere una chiacchierata di circa un’ora in data 26 settembre 2022, presso la Trattoria Campocervaro di Cimetta, frazione di Codogné.

Dal Cin non è stato coinvolto nella sfera organizzativa di Antennacinema: era, infatti, un osservatore, un fruitore della manifestazione in un paio delle sue edizioni. La sua testimonianza non è utile tanto a capire come i lavori si svolgessero o quali mezzi logistici ed economici fossero impiegati, ma per avere l’idea di cosa potesse significare vivere Conegliano e il Trevigiano per un ragazzo tra gli anni ’70 e gli anni ’90, con una speciale attenzione, va da sé, proprio su Antennacinema, che Dal Cin ha seguito come inviato del Gazzettino.

Mescolando una certa attenzione per culturale alla passione per la fotografia, la sua è una prospettiva interessante per inquadrare una realtà particolare di un periodo storico più generale e avere un esempio di memoria individuale della Conegliano che fu, a tratti in contrapposizione, a tratti in convergenza, con una dimensione memoriale più ampia e trattata nel precedente capitolo di questa ricerca, tra esperienze di vita, ricordi e nuove prospettive su un tempo passato.

Intervista a Pio Dal Cin

Come è arrivato a essere fotogiornalista per il Gazzettino?

Io nasco come fotografo. Ho sempre avuto la passione per la fotografia, fin dai primi anni della mia vita, perché mio padre aveva una macchina fotografica e me ne ha trasmesso il virus… Poi, nel 1986, di ritorno dagli Stati Uniti, dove avevo passato un periodo, mi sono presentato all’agenzia Fotoattualità di Venezia, che mi ha proposto, dopo aver visto alcuni lavori che avevo fatto negli Stati Uniti, di andare a lavorare con loro. Era il periodo della Mostra del Cinema e mi proposero di fare un periodo, una settimana, dieci giorni, per aiutarli a fare le foto durante la Mostra, cosa che io ho accettato ben volentieri. Anche perché, nel frattempo, mi hanno dato la possibilità di imparare tutta la parte che riguarda lo sviluppo e la stampa in camera oscura, che a me interessava particolarmente, e il taglio, tra virgolette, giornalistico delle foto. Loro lavoravano (e lavorano ancora) con il Gazzettino e in particolare con l’Associated Press per Venezia.

Ho accettato e sono stato lì per una settimana per la Mostra del Cinema. Finita, è iniziato [un anno dopo, nel 1987 ndr] uno dei primi summit che prevedeva i sette più grandi del mondo: c’era Thatcher, Fanfani per l’Italia, Reagan per l’America, Mulroney per il Canada, Kohl per la Germania, Mitterand per la Francia e Nakasone per il Giappone.

Anche quella è stata una bella esperienza. Invece che finire, il rapporto con l’agenzia è andato avanti per un anno, al seguito del quale, dopo aver acquisito le tecniche di sviluppo e stampa, perché parliamo di fotografia analogica, mi è stato offerto di fare il fotografo a Conegliano per il Gazzettino. Mi sono aperto una partita IVA ed ho fatto questo salto di qualità, chiamiamolo così, lavorando per il Gazzettino e fornendo foto per la pagina di Conegliano. Erano gli anni di Antennacinema e quindi ne fotografavo regolarmente gli avvenimenti. Questa è la mia formazione.

Nel frattempo, lavoravo con il Gazzettino, ma non avevo un contratto: loro mi richiedevano delle foto e io le facevo, facendo fattura. Quando succedeva qualcosa, potevo muovermi e mi facevo sostituire da un altro fotografo. È successo con il Muro di Berlino e da lì sono partito. Nel 1989, quando ho saputo che il Muro sarebbe caduto, ho preso la macchina e con 17 ore di viaggio sono arrivato lì. Ho fatto abbastanza foto, mi sono fermato un giorno e poi sono tornato a casa. Poi ci sono stati i Moti di Praga. Poi sono andato in Romania per la Rivoluzione di Natale, quando vennero giustiziati Ceaușescu e la moglie. Io sono andato e lì passato cinque giorni cercando di fotografare quello che vedevo. È stato anche un po’ pericoloso, ma insomma: ce l’abbiamo fatto. Dopo la Romania ho seguito la guerra serbo-croata in trincea, in prima linea. Anche lì, era difficile e anche pericoloso… però ero giovane e anche scapestrato e avevo bisogno di farmi conoscere perché ero un freelance. Niente… poi il mio percorso è proseguito: sono tornato in America, dove ho fatto il tassista a Miami per quasi dieci anni, sempre con la macchina fotografica in mano. Poi sono ritornato e adesso lavoro per il Gazzettino come fotografo e anche come giornalista. Scrivo regolarmente sul Gazzettino e faccio le foto.

Ha detto che prima di prendere contatto con l’agenzia veneziana, nel 1986, era negli Stati Uniti… come mai? Cosa vi faceva?

Niente, sono andato così… a fare un’esperienza, a vedere com’era l’America. E quanti anni aveva, se posso? Avevo 23 anni. Sono sbarcato a New York il 15 ottobre del 1980, il giorno del mio compleanno. Poi sono sceso a Miami, perché lì avevo un parente, un prozio, fratello di mio nonna, che mi ha ospitato per alcuni mesi.

Ho cominciato a lavoricchiare e sono rimasto per qualche anno. Poi sono ritornato nel 1986.

Si potrebbe dire che avesse allora una formazione, per così dire, multiculturale. . O quanto meno abbia visto scenari diversi da quello trevigiano. ?

Sicuramente!

Venendo ad Antennacinema: qual è stata la prima edizione che ha seguito?

Adesso… l’anno preciso, non me lo ricordo. Dunque… ho cominciato a seguire la pagina di Conegliano nel 1988, quindi a cavallo tra quell’anno e il 1991.

L’ho seguita come qualsiasi altro avvenimento, non capendo forse…cioe’ , capendo sì l’importanza di una cosa a livello culturale com’è stata Antennacinema, ma a posteriori, guardando indietro, mi sono reso conto che è stata una cosa molto importante per la città, perché vi ha portato tanta cultura e tanta gente importante. I migliori attori e i migliori personaggi del momento. Poi, tenendo conto che si svolgeva tutto al teatro cinema Accademia, dove sappiamo che negli ultimi 40 anni il proprietario, Giorgio Fabris, ha fatto arrivare il gotha degli artisti, a 360 gradi… attori, registi, di tutto, insomma. È una cosa che è stata molto interessante per la città, e anche per me: ritrovarmi con dei personaggi che non ti aspetti di trovare in una città di provincia come Conegliano, ma alla Mostra del Cinema.

Quante edizioni ha poi seguito?

Due, o forse tre.

E, come fotogiornalista, dice quindi che Conegliano avesse una vita diversa da quella che ha al momento?

Diciamo che Conegliano in quegli anni era un punto di riferimento per tutto il territorio: anche dalle città vicine venivano i giovani per passare le serate. Era una città sicura, tranquilla e viva anche dal punto di vista culturale, considerati anche questi eventi. Un polo di attrazione, un punto di riferimento per i paesi vicini… cosa che forse ultimamente è venuta a mancare. Non c’è più quel gran fervore culturale che c’era prima, nonostante stia cercando di ripartire. Per fare un esempio: ultimamente c’è stata la mostra di Steve McCurry, uno dei fotografi ritrattisti più rinomati, che ha attirato quasi 40000 persone in pochi mesi.

C’è ancora qualcosa. Ma in quegli anni là si respirava un’aria diversa… c’erano tante manifestazioni: c’era il Carnevale, il settembre coneglianese, che è sempre stato un classico, la Dama Castellana… era molto, molto viva. E Antennacinema ha dato una svolta in questo senso, perché il bello di Antennacinema era che si andava al Teatro Accademia, sempre pieno, a vedere i personaggi del momento e a interagire con loro. Sa, la questione nasce proprio dal fatto che i coneglianesi hanno un forte ricordo di Antennacinema

Sì, certo! Una memoria legata soprattutto a questi personaggi e alla portata mediatica. Vedere Conegliano su Repubblica e su tutti i giornali era motivo di… orgoglio!

Esatto, lo leggevo anche dal suo blog. Ma tornando indietro: lei è nato a Conegliano?

Sì, io nasco a Conegliano, all’ospedale di Conegliano, al De Gironcoli. Adesso abito a Codogné. Insomma, al di là dei numerosi viaggi, è vissuto nell’ambito coneglianese. Sì, poi, trovandolo un po’ scomodo, un paese come Codogné di 3000 abitanti, da teenager avevo il desiderio di guardare al di là della siepe…

Crede allora che Antennacinema abbia avuto un ruolo in questo guardare oltre la siepe?

Sì, diciamo che Conegliano, essendo il mio punto di partenza come fotogiornalista, mi ha dato degli spunti e degli stimoli a seguire il territorio e la pagina della città, che comprendeva tutto il circondario. E quindi questa manifestazione, Antennacinema, mi ha dato la possibilità ulteriore di poter fotografare dei personaggi che altrimenti avrei dovuto seguire in città più grandi. Dopo… dopo un po’ anche Conegliano mi stava stretta. Il discorso di cercare sempre di progredire nel mio lavoro, che era la mia passione, e lo è tutt’ora, quella di fare fotografie, mi ha portato in altre regioni del mondo.

E a proposito di ciò che dicevamo prima… Conegliano, in un certo senso, si apre all’esterno e allarga la sua portata mediatica, anche in senso internazionale. È una cosa che era ricercata dagli organizzatori: leggevo una nota di Michelangelo Dalto, che penso lei abbia conosciuto… Sì, Michelangelo Dalto, era uno degli “attori”… Sì, e in questa nota lui esprime i dubbi di alcuni sull’aprirsi a una dimensione più ampia, ma anche della volontà di altri di farlo, come è poi avvenuto. Si fanno accordi con la CNN, con Channel Four dall’Inghilterra… insomma,

Conegliano si apre, diventa grande, più ampia di quello che si poteva aspettare che fosse. Lei, da coneglianese, ritiene che possa essere motivo di orgoglio? Considera importante che Conegliano avesse quella portata?

È importante, sì, e anzi, ancora di più oggi! Conegliano potrebbe, anzi, dovrebbe proporsi, come è naturale, come porta verso le colline, diventate patrimonio Unesco. Secondo me andiamo verso un rinnovamento storico di Conegliano: chi prenderà le decisioni per il futuro di Conegliano, sotto tanti punti di vista, non solo quello culturale, ma anche strutturale… mi viene in mente la recente acquisizione dell’Area Zanussi, dove l’acquirente, Grigolin, in sintonia con l’amministrazione, sta cercando di creare un polo in cui Conegliano potrebbe essere riconosciuta, anche come modo di accogliere i turisti in arrivo nei prossimi anni, per poi lanciarli in un percorso che li possa portare verso le colline di Valdobbiadene. A proposito, apro una parentesi, forse autoreferenziale… in questi giorni sto cercando di trovare chi mi appoggerà per fare una mostra fotografica, una retrospettiva in bianco e nero, che parta proprio dalla città di Conegliano e arrivi fino a Valdobbiadene, facendo un percorso itinerante e individuando dei punti nel mezzo che siano di interesse turistico dove, fra virgolette, obbligare l’eventuale fruitore della mostra a fermarsi.

È un progetto a cui sto lavorando e su cui ho già avuto dei riscontri positivi. Ma perché dico questo? Non per autoincensarmi, ma per dire che le possibilità per rilanciare Conegliano in un ambito culturale ampio che la veda proprio come giocatore principale nell’ambito dell’Unesco delle colline, secondo me, può essere il futuro della città. Quindi guarda con positività al domani. Certo, certo, io sono un ottimista di natura. Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Però ci vuole un impegno da parte di chi ha la possibilità di fare tutto questo… Un’idea, io l’avevo anche prospettata e lanciata… mi hanno in sostanza detto di no, ma l’idea era quella di rifare Antennacinema a Conegliano. Perché no? In una chiave moderna… ripetere le cose non è mai bello alla stessa maniera e sono passati tanti anni. Ma un’Antennacinema rivista in chiave 4.0 potrebbe essere un punto di partenza per rilanciare la città culturalmente , anche per il degrado che si è visto recentemente, che forse dipende anche dalla mancanza di momenti di cultura che attirerebbero anche i ragazzi in una direzione diversa…

Sa, il suo ottimismo, in questo senso, è un po’ nuovo. Molte persone, ho rilevato, provano una sorta di frustrazione: vedono e ricordano Antennacinema per la sua portata e prestigio, ma è un prestigio che viene rilevato per evidenziare la sua assenza nel presente. E questa frustrazione si trasforma in una negatività di fondo che permea buoni strati della popolazione, anche quelli socialmente più attivi. E di una certa età, soprattutto.

Al contrario, se si parla coi più giovani, buonissima parte non ha neanche la consapevolezza che Antennacinema sia esistita. E in generale, tra di loro, l’esigenza di una Conegliano, per così dire, ampia è un po’ meno presente. Sembra a volte mancare un interesse di fondo, che forse andrebbe in qualche modo creato, non essendo necessariamente presente per natura. E appunto… lei ha detto che, vivendo Conegliano, ha sentito quella dimensione come stretta. Adesso invece la riguarda con nostalgia.

Posso chiederle come viveva la città nella sua giovinezza?

Sì, come le dicevo, a Conegliano arrivava gente da Bassano, da Treviso, da Pieve di Soligo, Vittorio Veneto, Oderzo… era un punto di riferimento per i giovani. Non necessariamente per fare qualcosa di straordinario, anche solo per fare una passeggiata, bere qualcosa, mangiare una pizza, c’erano ottime pizzerie al tempo, vedere un film in uno dei due cinema, quello dell’Accademia e il Cinema Moderno… c’erano una serie di locali, di tante cose che attiravano molte persone. E poi molte manifestazioni, al di là di Antennacinema. Il clima era sereno e i tempi erano diversi, parliamo degli anni ’80. La gente stava bene, l’economia andava bene… e Antennacinema ha portato di certo qualcosa in più per accogliere queste persone. E non solo giovani: anche solo dalle foto che ho si nota una diversità di pubblico notevole. Anzi, le dirò: in una foto compare anche Andrea Zanzotto con la moglie, nella platea. Un clima eccezionale che, perché no, in un’altra dimensione, si potrebbe riprodurre…

Lei, adesso, ripensando a quando era giovane, vede delle differenze sostanziali nelle fasce giovanili?

A livello di aggregazione… Sicuramente. Quello che noto più nei giovani è una mancanza, forse, di un’identità, di un punto di riferimento. L’assenza di interesse in quello che può essere un’ispirazione, un futuro per loro. Vedo tanti giovani che girano inutilmente, senza capire cosa vogliano fare. C’è un’assenza di ideali, forse. Ma non dipende tanto da loro. Innanzitutto, dipende dalla formazione che viene dalle famiglie, che sembrano meno attente a quello che fanno i propri figli. È cambiato tanto, com’è anche giusto che sia: siamo progrediti in tante cose, questo non è un male, anzi. Però l’attenzione della famiglia verso i figli era molto più alta ai miei tempi. Adesso sembra che i giovani non abbiano più una direzione… è più facile per loro cadere in certe trappole che prescindono anche dalla loro volontà. Manca un’identità. Ritiene allora che ai suoi tempi i giovani avessero un’identità? Non lo so se… forse, avendo meno distrazioni, vivendo in un posto relativamente piccolo, si cercava di trovare delle cose che suscitassero un interesse. Io le ho trovate nella fotografia…

Però anche lei sentiva l’esigenza di andare oltre.

Sì, sicuramente, avevo l’esigenza e la voglia di conoscere cosa c’era al di là della siepe. Secondo me, uno dei modi di fare questo è quello di viaggiare e di fare delle esperienze fuori del proprio Paese. Alla fine, tutte queste esperienze che fai all’estero, che ti arricchiscono, ti tornano utili nel ritornare. Io sono tornato volentieri in Italia: mi sono reso conto viaggiando che qui viviamo in un paradiso terrestre. Rimanendo sulla questione dell’identità: quand’era giovane il contesto generale era radicalmente diverso da quello odierno. Ovviamente. In particolare, Conegliano era una città industriale forte, imprenditoriale e protagonista di lotte operaie. Soprattutto, la memoria gira attorno agli imprenditori. Zanussi, Zoppas… sono parole che tutti conoscono. Sicuramente. Elettrolux, Zoppas… Quello che è stata Conegliano è passato anche da lì. Lei ha vissuto quelle vicende o quelle lotte? Le sente parte di sé e del suo essere coneglianese? Diciamo che Conegliano ha avuto certamente un grande boom industriale ed economico, diventando un polo attrattivo anche grazie a quello. Bisognerebbe partire un po’ prima, dalla fine della guerra e dall’industrializzazione degli anni ’60. E anche qui a Conegliano c’è stata una fuga dalla campagna… tanti che avevano la possibilità di fare questo e quello… il contadino faceva anche l’operaio, integrando al lavoro dei campi quello dell’industria. Sì, io ho ricordo che si parlava ogni giorno di queste realtà operaie. E quindi… sì, è stata un momento particolare, anche di tranquillità sociale. Si viveva un grande benessere. Poi c’era l’avvento della televisione… tutte grandi novità che rendevano la vita un po’ più comoda, alle quali non eravamo abituati. Quelli della mia generazione… io sono del ’56 e ricordo che facevo il bagno nella tinozza della cucina di casa. L’acqua calda era un sogno, lo stesso il riscaldamento. E siamo arrivati a un punto, tra anni ’70 e ’80, in cui tutti potevano avere un’auto, una lavatrice, tante cose, insomma. E quindi sì, è stato un bel periodo. Di trasformazione positiva. Crede che questo aspetto industriale, imprenditoriale sia traslato, per così dire, anche in Antennacinema? In una conferenza d’apertura, Lino Innocenti, uno dei principali promotori, spiega proprio che senza l’apporto del privato Antennacinema non sarebbe potuta sopravvivere. Entrando 47 in contatto con un altro presidente di Antennacinema, recentemente, mi è stato detto che rifarla sarebbe un problema proprio da un punto di vista economico. Lino Innocenti, che ho conosciuto personalmente, era una gran brava persona, che lavorava per il territorio. E sì, l’appoggio delle industrie e del privato a queste manifestazioni è essenziale. E difatti senza questo supporto non si potrebbe fare assolutamente niente. I costi sono enormi e si sa bene che lo Stato non potrà mai sponsorizzare qualcosa del genere. Potrebbe essere una sinergia tra le amministrazioni locali e la regione… però se manca l’apporto dei privati, degli sponsor, diciamo, perché alla fine si tratta di quello, queste cose non potrebbero esistere. Secondo me, adesso, in questo particolare momento, dove andiamo a vedere che le aziende e le attività commerciali in genere stanno soffrendo grandi difficoltà a causa dalla crisi energetica, appena usciti da una pandemia che ha causato problemi e tutto il resto la voglia di sponsorizzare viene certamente un po’ meno. Però, dall’altro lato, ci sono delle attività che vivono un certo benessere. Quindi, secondo me, bisognerebbe andare a individuare, proponendo delle soluzioni del caso, delle attività disposte a supportare iniziative simili. Non è facile e forse bisognerà aspettare un rilancio dell’economia. Ma c’è anche un lato umano nell’organizzazione di questi eventi. Saprebbe dire qualcosa sui membri del Comitato Promotore di Antennacinema? Sì, ricordo che per le presentazioni di Antennacinema ci si ritrovava al primo piano di Palazzo Sarcinelli. Erano sempre molto seguite, il pubblico era folto. E nel tavolo della presidenza c’erano Michelangelo Dalto, il presidente [del Comitato Promotore ndr], Zoppas, penso Franco Zoppas, anche lui uno degli sponsor, e l’addetto all’ufficio stampa. Erano sicuramente incontri interessanti, poiché veniva data la prospettiva di quello che sarebbe stata la serata. Poi, con i personaggi che si sarebbero presentati in quella particolare situazione e serata… con Lino Innocenti che dava sempre il suo apporto e supporto. Lui amava profondamente Conegliano e ha sempre cercato di fare quello che era il bene della città. È stato apprezzato, come gli altri. Si trattava anche di persone di diversa appartenenza politica. Lino Innocenti era della DC, Dalto del PCI… Certo, c’era una comunità d’intenti. Quando si pensa al bene della città, le diversità politiche vengono accantonate. Se il bene di una città dev’essere un rilancio culturale, sociale, turistico, industriale… le differenze vanno lasciate da parte e bisogna lavorare assieme. Mettere assieme un rappresentante della DC come Lino Innocenti con uno come Dalto, del PCI, è qualcosa che, riguardando al passato, vedo come un grande passo avanti. Ecco, a proposito di questo si potrebbe dire che la cultura unisce ed è questo che dobbiamo ricercare. Alla fine, siamo tutti degli uomini assetati di cultura, del bello… non posso andare a vedere una mostra di Kandinskij e dire che sia stata fatta da un uomo di destra o di sinistra. La cultura è di tutti e deve livellare queste differenze

. Le faccio un’ultima domanda: lei ha vissuto Antennacinema nel suo periodo d’oro, tra anni ’80 e anni ’90. Al contrario, negli anni ‘2000 lei era negli Stati Uniti.

Io andavo e tornavo. Fare il tassista a Miami mi legava a una stagionalità che ti tiene li dal giorno del Ringraziamento fino, al massimo, a giugno; quindi ecco che mi trovavo a passare un periodo di nuovo nei miei paesi. Andavo e tornavo tra Miami e Codognè, due mondi abbastanza diversi!

A maggior ragione ha vissuto l’Antennacinema degli anni 2000?

No, al tempo l’avevo persa di vista e non ne ho avuto esperienza.

Considerazioni finali

Su quanto riportato da Dal Cin si potrebbero fare varie considerazioni: in primo luogo, grazie alla sua professione, la memoria che restituisce è fondamentalmente fotografica, legata in particolare agli spazi e personaggi di Antennacinema. Il ricordo principale è quello del Teatro Accademia e di chi ne occupava il palco, ma anche del pubblico: sono ricordi di quadri e di immagini. In accordo anche alla già discussa memoria collettiva che della manifestazione ha la cittadinanza nel suo complesso, emerge anche qui un’alta attenzione alla portata mediatica che Conegliano raggiunse, ma anche all’apporto culturale e sociale che Antennacinema diede alla città. La sua funzione aggregatrice è più volte, sia esplicitamente sia implicitamente, ribadita da Dal Cin, anche per evidenziare la sua percezione del passaggio di epoche molto diverse: parlando dei giovani del presente, cita l’assenza di ideologie, di cose in cui credere o, in generale, di punti di riferimento attorno a cui ruotare e fondarsi. Antennacinema, in questo senso, diventa lo specchio di un tempo altro e passato, forse irripetibile in quelle dinamiche e caratteristiche, forse rinnovabile e modernizzabile. Allo stesso tempo, pur esprimendo il legame con una terra che identifica come propria, Dal Cin riconosce la presenza dentro di sé, in tempi giovanili, di una spinta centrifuga che lo rendeva desideroso di <>. In questo senso, la sua testimonianza assume un valore particolare: nel suo essere coneglianese, Dal Cin ne supera più volte e per lungo tempo i confini. Si potrebbe dire che quei punti di riferimento che invoca per la contemporaneità non li avesse, in fondo, neanche lui, o che quanto meno, come lui stesso ammette, sentisse il bisogno di qualcosa in più. La crisi di identità della popolazione coneglianese del presente, che si è provato a ipotizzare in questa ricerca, è effettivamente affermata da Dal Cin, che però nelle sue azioni dimostra a sua volta di aver sentito, anche in tempi 49 considerati più stabili e tranquilli: sembra allora, se ci si volesse affidare alla singola memoria individuale, che quella crisi di certezze individuabile nella contemporaneità fosse in maniera diversa presente anche nel passato. E, di conseguenza, la si potrebbe identificare come un momento di passaggio e di maturazione per quella che è la crescita sia personale sia collettiva: in altri termini, una crisi fondamentalmente umana. Trattasi di una percepita inadeguatezza di fondo, che prende spunto da comunemente riconosciute bellezze o opportunità del territorio che si vorrebbe fossero sfruttate a dovere. È però interessante evidenziare la positività di Dal Cin: autodefinitosi un <>, egli guarda ad Antennacinema e alla Conegliano che fu sì con nostalgia, ma reindirizzandola in un senso più attivo rispetto a varie fasce della popolazione coneglianese che, come già discusso, invece esprimono frustrazione. Se anche la congiuntura economica contemporanea, riconosce, non lascia spazio a un rilancio della manifestazione, non esclude che in futuro esso ci possa essere, preferibilmente in una nuova veste. Questo aspetto è da tenere a mente: l’espressione <<4.0>> che Dal Cin utilizza per parlare di Antennacinema non è casuale, tenendo a mente i vari formati adottati dalla manifestazione. Soprattutto, emerge come, successivamente agli anni ’90 non si sia più riusciti a darle una portata mediatica e culturale sufficiente, tanto da non riuscire a farla conoscere neanche da molti coneglianesi stessi, come si è anche discusso parlando della memoria che le fasce giovanili della città hanno della manifestazione. La sua testimonianza individuale è, in altre parole, utile ad avere un quadro di come la portata e dimensioni dell’era d’oro di Antennacinema, quella tra anni ’80 e anni ’90, e quella successiva fossero molto diverse. <>, dice, però, per di più con l’intenzione di agire attivamente in prima persona in questo senso. Ne esce, ancora una volta, la fotografia di una città dotata di una realtà sociale che punta in alto e che forse realizza soltanto col senno di poi i suoi successi, effettivamente realizzatisi in più occasioni nel corso del tempo.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.