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Pubblico l’intervista integrale con l’autore che sara’ presente il 18 febbraio alle 17 in biblioteca a Codogne‘ dove gli verra’ dedicata una sala lettura. L’artista, grazie alle sue radici codognesi ha deciso di regalare tutti i titoli delle opere da lui scritte per creare un fondo unico in Italia. Unico, come lui che ha dato vita a centinaia di racconti e ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. I suoi libri sono pubblicati in tutto il mondo e tradotti in 14 lingue http://www.luigidalcin.it/

Tra poco ci sarà l’intitolazione a tuo nome della Sala Lettura della biblioteca comunale di
Codognè e l’inaugurazione del fondo che la biblioteca realizzerà con le opere che hai deciso di
regalare al paese della mela cotogna. Perché hai scelto Codognè tra le centinaia di paesi che
avrebbero volentieri ospitato i tuoi bellissimi romanzi?
Codognè è il paese d’origine della mia famiglia, dalla parte di papà. Lì ho trascorso le estati della
mia infanzia, le mie radici affondano in quei campi e in quei vigneti. Pur vivendo in città, fin da
piccolo ho avuto la fortuna di trascorrere lunghi periodi dai nonni, a contatto con la natura, e ancora oggi continuano a crescere antiche preziose amicizie. Devo a Codognè una parte potente del mio immaginario. Quando il Comune di Codognè, nella persona del sindaco, mi ha comunicato l’intenzione di creare, all’interno della biblioteca, un Fondo ‘Luigi Dal Cin‘ per raccogliere tutte le mie pubblicazioni (libri di narrativa, innanzitutto, ma anche racconti in riviste, articoli, saggi, etc.) e di intitolare al mio nome la Sala Lettura, ho provato commozione e gratitudine per un simile gesto di affetto da parte di un’intera comunità. Non ho potuto che esserne entusiasta e donare le pubblicazioni che non si trovano più in libreria. È un privilegio raro per uno scrittore (ancora vivente!) sapere che una biblioteca intende conservare tutte le sue opere.
Oltre cento libri pubblicati tradotti in 14 lingue, e un ultimo romanzo che il Corriere della
Sera ha scelto tra i migliori del 2022. Cosa vedi davanti a te dopo un percorso letterario così
fertile? Quali sono i tuoi sogni e obiettivi futuri?
Sto concludendo un nuovo romanzo per Rizzoli, un nuovo albo illustrato per Einaudi, un nuovo
testo che reciterò sui palchi dei teatri. Ogni anno incontro decine di migliaia di bambini e ragazzi
nelle scuole, nei teatri e nelle biblioteche di tutta Italia: vorrei riuscire a continuare questa attività,
incontrare i miei lettori è sempre una soddisfazione immensa che ogni volta mi commuove e che
rinnova la motivazione di scrivere per loro.
Dove trovi l’ispirazione per i tuoi bellissimi racconti?
Per scrivere un testo narrativo credo ci voglia immaginazione, più che fantasia. La fantasia è la
capacità di creare associazioni, come in quel gioco dove io dico una parola, e tu ne dici un’altra,
ovvero la prima che ti viene in mente per associazione. L’immaginazione è qualcosa di più: è la
capacità di inventare un mondo fantastico coerente per il tuo lettore. E l’invenzione si può
esercitare. L’azione volontaria più importante da esercitare per favorire l’invenzione è l’osservazione: da questa nascono le scintille dell’ispirazione. Penso che scrivere richieda sempre
uno sguardo stupito, come fosse la prima volta che si vede ciò di cui si sta scrivendo. È lo sguardo
che si ha quando, ad esempio, si è in viaggio: ogni persona incontrata, città, pietra, paesaggio
assume un’intensità più luminosa e non ci si lascia sfuggire nulla. È da questo tipo di osservazione che può nascere, poi, l’ispirazione.
Quali sono gli autori che hanno influenzato la tua scrittura, quelli ai quali ti sei ispirato o ti
ispiri ancora?
Sono davvero molti i maestri, ed è una scoperta in continuo divenire. Per la potenza narrativa direi
Stevenson, per la struttura della trama Borges, per la ricerca sul linguaggio Pavese e Calvino, per
l’amore per la parola Yeats, per i personaggi Pessoa. per le descrizioni Balzac, Carver e Murakami,per il ritmo Hemingway, per la visionarietà Marquez, per l’ironia Cervantes, per l’imprevedibilità Nothomb, per la voglia di giocare Quenau.
A cosa attribuisci la tua scelta di scrivere libri per ragazzi come genere principale dei tuoi
racconti?
Quando si scrive un libro lo si fa per due motivi fondamentali: esprimersi e comunicare. Non mi
piace molto usare la parola ‘esprimersi’: l’etimologia è ‘spremere fuori da sé’ e subito mi immagino lo scrittore come un tubetto di dentifricio.
Preferisco dire che scrivo per dire la verità (i miei sogni, bisogni, speranze, scoperte, desideri, paure…) attraverso l’invenzione, e per comunicarla. Sembra un paradosso pensare di dire la verità attraverso l’invenzione, eppure è proprio ciò che fanno i bambini quando per spiegare la realtà inventano storie e dicono: “facevamo che io ero…”. Poi c’è l’altro polo: la comunicazione. Se non ci fosse questo desiderio di comunicare, lo scrittore terrebbe il manoscritto nel cassetto, senza farlo leggere a nessuno, e di certo non gli verrebbe in mente di pubblicarlo. I bambini che incontro mi pongono sempre delle domande che, implicitamente, esprimono i loro bisogni più profondi. I miei libri cercano di raccontarne una risposta: con lo sguardo responsabile dell’adulto che si prende cura, utilizzando però il linguaggio e l’immaginario che appartiene ad un’altra tribù, quella dei bambini. Per questo devo da un lato saper essere vicino al nucleo più profondo del lettore bambino, dall’altro devo saper esprimere il linguaggio adulto in una lingua non più parlata con gli altri adulti, ma mai dimenticata: la lingua bambina. Riconosco il linguaggio dei bambini come la mia ‘lingua madre’ che, diventato adulto, non ho rinnegato ma anzi esercito quotidianamente: incontrando gli alunni nelle scuole e dialogando con loro, rispondendo alle loro lettere, scrivendo per loro. Non si tratta solo di saper utilizzare vocaboli comprensibili ai più giovani. Si tratta soprattutto di toni, di creare corrispondenze tra il testo e ciò che il lettore vive, di sapersi, insomma, mettere al suo fianco. D’altronde, il vero scrittore per ragazzi sta sempre dalla loro parte, per sua stessa natura e vocazione. Altrimenti è uno scrittore che scrive di ragazzi. Ma non per loro. Ecco, scrivere per ragazzi è il mio modo per dimostrare che c’è un adulto che sta dalla loro parte.

Durante i tuoi numerosi corsi di scrittura ovunque quali sono i consigli che dai ai tuoi
studenti per scrivere un ottimo romanzo?
Per scrivere un buon testo credo sia necessario essere quanto più possibile consapevoli delle
modalità da mettere in atto e degli effetti che si desidera ottenere sui propri lettori. In un testo,
infatti, si ottengono effetti completamente diversi se si usa, ad esempio, una narrazione in prima
persona o in terza, se si usa un tempo verbale invece di un altro, se si usa un discorso diretto o un
indiretto, o un indiretto libero, se in una descrizione o in un dialogo si riporta un particolare invece di un altro, e così via. Chi vuole creare un buon testo deve essere cosciente quanto più possibile degli effetti che vuole ottenere in chi legge. È come immagino faccia un direttore d’orchestra. Se il direttore d’orchestra fa un certo gesto è perché vuole che in quel momento ci sia un preciso effetto sonoro per creare nell’uditorio quella precisa sensazione in quel preciso momento. Se il direttore d’orchestra invece buttasse la bacchetta e dicesse ai musicisti: “Be’, fate un po’ come vi pare” l’effetto dell’esecuzione nell’ascoltatore sarà dettato solo dal caso: una grande confusione. Ecco, credo che lo scrittore debba avere delle motivazioni consapevoli per ogni scelta che fa sul testo. Più ci sono queste motivazioni nello scrittore, più il testo sarà convincente ed efficace; minore è la consapevolezza, maggiore sarà il ruolo lasciato al caso.
In un mondo sempre più connesso, virtuale e digitale qual è il senso e il consiglio che daresti a
genitori ed educatori per avvicinare i ragazzi a leggere di più e staccare la spina dai cellulari?
Quando leggiamo la nostra fantasia è al massimo della sua libertà. Mentre leggiamo siamo liberi di immaginare i personaggi, i paesaggi, le voci, etc. ciascuno di noi in modo personale e inedito. Se guardiamo un film non abbiamo la stessa libertà di immaginazione: abbiamo tutti di fronte l’attore che ha scelto il regista per noi e non siamo liberi di immaginarlo diversamente. È per questo che spesso le trasposizioni cinematografiche, se abbiamo già letto il libro, ci deludono. Con questo non voglio dire che i film siano da evitare, ma di sicuro lasciano meno libertà di immaginazione del libro. Ecco: con la lettura un ragazzo esercita e sviluppa la propria libertà di immaginazione che, da grande, diventerà libertà di pensiero. Con il libro possiamo fornire alle giovani generazioni uno strumento indispensabile che è in grado di aiutarli a sviluppare un’immaginazione personale e dunque una personale identità e dunque, da grandi, un’autonomia di pensiero.
Hai un sogno nel cassetto visto che i libri li hai già scritti e continuerai a farlo, quale il tuo
desiderio per il futuro?
I sogni nel cassetto sono ancora tanti. Non solo nel cassetto: nella mia casa anche gli armadi e gli
scaffali ne sono pieni. E ora tutti i miei sogni scritti saranno ospitati in modo speciale anche negli
scaffali della biblioteca di Codognè. I sogni sono l’essenza della vita! (pio dal cin)